ИГРА – IGRA

ИГРА – IGRA
è una nuova creazione, una pièce coreutica ambientata in un campo da tennis e pensata come scrittura coreografica in dialogo tra presente e passato.
Le origini di Igra risalgono a Jeux / Nijinsky, un lavoro precedentemente creato da Mattia Russo e Antonio de Rosa. Si trattava di una breve coreografia incentrata sul processo creativo dell’opera di Nijinsky. Il soggetto era articolato e da quel primo processo è rimasto il desiderio di continuare ad esplorare tali idee.
Igra suppone questa esplorazione, in cui non c’è quasi più nessuna traccia del suo predecessore. Come in tutti i lavori di Russo e De Rosa, la potenza visiva gioca un ruolo decisivo in Igra, che, pur non essendo un docu-drama danzato su quell’epoca e quelle opere, è pieno di riferimenti che appaiono in modo sottile e intermittente. La musica elettronica è vicina ai ritmi delle danze russe, l’inserimento di Chopin, compositore polacco, sembra voler ricordare che sebbene Nijinsky fosse nato a Kiev e sua sorella Nijinska a Minsk, la sua famiglia era polacca e lo stesso coreografo non si considerava russo. Molte le metafore presenti. Jeux stava giocando una partita di tennis, ma il gioco di cui vuole parlare è la seduzione.
Igra, pertanto, non riproduce o ricrea, ma gli spiriti dei famosi fratelli vi abitano (forse felicemente).

Con Kor’sia abbiamo già intrapreso la strada della rivisitazione dei classici attraverso varie creazioni, quali Somiglianza, che ha rivisitato L’après-midi d’un faune, o Giselle, con la particolarità di prendere pezzi del passato, di collegarli e ricollocarli. Attualmente, stiamo cercando di proporre un immaginario possibile che si concentra perfettamente su un’idea del filosofo Paul Valery che ci piace ripetere a noi stessi costantemente:”Non esistono poesie finite, esistono solo poesie abbandonate”.
Il nostro interesse e la nostra fascinazione per i pezzi del passato derivano dall’idea che l’umanità agisca come un sistema che non solo condivide un immaginario collettivo, ma anche una serie di discorsi o narrazioni che a nostro avviso ci modellano come comunità e come umanità. In quegli spettacoli che vengono definiti accademici o di repertorio, e che possono venire trasmessi e conservati nel tempo, possiamo trovare risposte o modi di vivere, ma anche insegnamenti ed allegorie dei nostri problemi attuali. Così, durante questo periodo di indagine, abbiamo cercato nell’archivio che configura la danza, quelle “poesie abbandonate”, cercando di salvarle e includerle nella danza contemporanea.D’altra parte, il concetto di archivio che viene proposto in questi brani si basa sulla concezione che André Lepecki propone, ossia il concetto di “desiderio di archivio”, ove la danza “passata” viene ripresa come elemento del presente: Quello che suggerisco è che l’attuale desiderio di archiviazione nella danza, realizzato attraverso le rievocazioni, non deriva esclusivamente da “un fallimento della memoria culturale” o da una”lente nostalgica”.  Propongo il “desiderio di archiviare” come riferimento alla capacità di identificare in un lavoro passato campi creativi non ancora esauriti di “possibilità” (2012).”
Mattia Russo e Antonio De Rosa 

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