BARO D’EVEL

Baro D’Evel
Direzione artistica Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias

Il duo franco-catalano insieme ha fondato la compagnia Baro D’Evel Cirk, nata da un comitato collettivo nel 2001. Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias ne hanno assunto la direzione artistica nel 2006.
Il loro processo creativo e la specificità del loro approccio drammaturgico nascono dalla  sovrapposizione di materiali, in un lavoro a lungo termine in cui le linee di fondo vengono lavorate congiuntamente: lavoro con gli animali, movimento, musicalità, concezione dello spazio, ricerca della plasticità. Con il passare dei giorni, mesi, anni, si delineano tracce in diversi campi artistici, approfondendo sempre più l’esplorazione. E quando arriva il momento della creazione, tutti questi percorsi convergono in un’unica strada creativa.
Camille Decourtye è autrice e interprete di tutti gli spettacoli della compagnia. Sin dalla sua infanzia con i cavalli, fatta di viaggi in roulotte e a cavallo, conserva l’esigenza di ideare un modo di vita e di ricerca che soddisfi il suo bisogno di movimento e di incontri. Il suo bisogno di raccontare l’invisibile, di portare alla luce ciò che ci unisce in questo mondo deteriorato, le dà l’energia per interrogarsi in ogni progetto su come i conflitti e i complessi legami che stringiamo con il mondo siano nascosti in ognuno degli artisti e degli spettatori. La sua ossessione per l’abbattimento delle barriere tra linguaggi, ruoli e modalità di sperimentazione rende la scrittura di Baro D’Evel una ricerca di metafisica in movimento.
Blaï Mateu Trias è cresciuto nelle correnti artistiche catalane post-franchiste, con due genitori circensi. Con il Circ Cric, le tournée con Tortell Poltrona e le trasferte con Clowns senza frontiere, ha sviluppato il gusto per la commistione di linguaggi. L’incontro con una nuova cultura amplia la sua percezione del possibile, ma conferma anche il suo legame con le influenze originarie: La Catalogna, la sua architettura e i suoi artisti, il rapporto politico con il clown e la sua visione benevola del mondo, la creatività e l’audacia delle arti di strada. Il suo senso del ritmo e dello spazio è alla base del suo lavoro di ricerca e la sua ossessione per la musicalità del movimento genera singolari scritture coreografiche. Il suo bisogno viscerale di sperimentare con i materiali gli fa progettare spazi performativi innovativi e gli ha permesso di mettere in discussione le forme della scrittura contemporanea con Baro D’Evel per 20 anni.


Programmi: Mazut, Lá, Falaise, La Cachette, Qui Som

MAZUT

Un’opera in cui circo, teatro, danza, musica si mescolano, superando i confini delle singole discipline per mettere in scena una forma d’arte che sia totale. Un sogno fragile e sospeso come una bolla di sapone in cui il tempo assume la forma di un romantico passo a due o di una visione surrealista del nostro essere animali: un uomo e una donna, eroi e prigionieri, un cavallo selvaggio e un cantante, case di cartone, cieli e pareti di carta. Tutto in Mazùt è materia, sensazione ed emozione.

Pièce in bianco e nero per due umani e un corvo bianconero – 1° parte del dittico Là, sur la falaise

Con , si costruisce la prima parte di un dittico concepito come dei vasi comunicanti di uno stesso progetto in cui il duo disegna in scena. Al centro di una scenografia totalmente immacolata, che si modifica progressivamente verso tonalità più scure “come se lo spazio sentisse il movimento”, il duo circense abbraccia i diversi linguaggi che nutrono il loro immaginario. La luce, il suono e il disequilibrio trovano sempre il loro posto in questa polifonia che forma una narrazione virtuosa e onirica, sfodera tesori di ingegnosità materiale, risorse fisiche vicine al sublime.
Il volatile, simbolo di credenze e superstizioni, un corvo bianconero chiamato Gus accompagna Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias nello loro fuga verso questo mondo fantastico. Libero in scena, l’uccello nerobianco porta i due umani ai margini di un mondo verbale, laddove tutto diviene leggero e istintivo. Attraverso movimenti e gesti, il duo scivolerà poco a poco in un disegno, in una linea di fuga naturale.

FALAISE

Spettacolo in bianco e nero per otto umani, un cavallo e dei piccioni.
Seconda parte del dittico, dopo , Falaise non ne è veramente il seguito. Ma piuttosto il contrario. Il suo vero luogo.

Il gioco tra bianco e nero deve dare l’impressione delle sottili oscillazioni tra equilibrio e disequilibrio, la scelta del bianco e nero significa cercare la purezza ma anche il contagio reciproco di questi due colori, rendere palpabile l’impasse di un certo manicheismo, tutto è legato, tutto è collegato, tutto si muove tutto si trasforma.   Falaise integra questa materia all’interno di un gruppo composto da umani e animali in una scenografia peculiare. Umani e animali continueranno a lavorare insieme a questi due progetti sviluppando in questo modo la drammaturgia propria di BARO D’EVEL, in cui una scrittura rigorosa si accompagna alla spontaneità che la presenza dell’animale impone agli attori. Pertanto, ogni disciplina affrontata, ogni individuo scelto (umano o animale) vede nascere una costruzione drammatica saggiamente equilibrata tra una parte definita e una di improvvisazione.

 

Baro D’Evel
Direzione artistica Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias

Il duo franco-catalano insieme ha fondato la compagnia Baro D’Evel Cirk, nata da un comitato collettivo nel 2001. Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias ne hanno assunto la direzione artistica nel 2006.
Il loro processo creativo e la specificità del loro approccio drammaturgico nascono dalla  sovrapposizione di materiali, in un lavoro a lungo termine in cui le linee di fondo vengono lavorate congiuntamente: lavoro con gli animali, movimento, musicalità, concezione dello spazio, ricerca della plasticità. Con il passare dei giorni, mesi, anni, si delineano tracce in diversi campi artistici, approfondendo sempre più l’esplorazione. E quando arriva il momento della creazione, tutti questi percorsi convergono in un’unica strada creativa.
Camille Decourtye è autrice e interprete di tutti gli spettacoli della compagnia. Sin dalla sua infanzia con i cavalli, fatta di viaggi in roulotte e a cavallo, conserva l’esigenza di ideare un modo di vita e di ricerca che soddisfi il suo bisogno di movimento e di incontri. Il suo bisogno di raccontare l’invisibile, di portare alla luce ciò che ci unisce in questo mondo deteriorato, le dà l’energia per interrogarsi in ogni progetto su come i conflitti e i complessi legami che stringiamo con il mondo siano nascosti in ognuno degli artisti e degli spettatori. La sua ossessione per l’abbattimento delle barriere tra linguaggi, ruoli e modalità di sperimentazione rende la scrittura di Baro D’Evel una ricerca di metafisica in movimento.
Blaï Mateu Trias è cresciuto nelle correnti artistiche catalane post-franchiste, con due genitori circensi. Con il Circ Cric, le tournée con Tortell Poltrona e le trasferte con Clowns senza frontiere, ha sviluppato il gusto per la commistione di linguaggi. L’incontro con una nuova cultura amplia la sua percezione del possibile, ma conferma anche il suo legame con le influenze originarie: La Catalogna, la sua architettura e i suoi artisti, il rapporto politico con il clown e la sua visione benevola del mondo, la creatività e l’audacia delle arti di strada. Il suo senso del ritmo e dello spazio è alla base del suo lavoro di ricerca e la sua ossessione per la musicalità del movimento genera singolari scritture coreografiche. Il suo bisogno viscerale di sperimentare con i materiali gli fa progettare spazi performativi innovativi e gli ha permesso di mettere in discussione le forme della scrittura contemporanea con Baro D’Evel per 20 anni.


Programmi: Mazut, Lá, Falaise, La Cachette, Qui Som

MAZUT

Un’opera in cui circo, teatro, danza, musica si mescolano, superando i confini delle singole discipline per mettere in scena una forma d’arte che sia totale. Un sogno fragile e sospeso come una bolla di sapone in cui il tempo assume la forma di un romantico passo a due o di una visione surrealista del nostro essere animali: un uomo e una donna, eroi e prigionieri, un cavallo selvaggio e un cantante, case di cartone, cieli e pareti di carta. Tutto in Mazùt è materia, sensazione ed emozione.

Pièce in bianco e nero per due umani e un corvo bianconero – 1° parte del dittico Là, sur la falaise

Con , si costruisce la prima parte di un dittico concepito come dei vasi comunicanti di uno stesso progetto in cui il duo disegna in scena. Al centro di una scenografia totalmente immacolata, che si modifica progressivamente verso tonalità più scure “come se lo spazio sentisse il movimento”, il duo circense abbraccia i diversi linguaggi che nutrono il loro immaginario. La luce, il suono e il disequilibrio trovano sempre il loro posto in questa polifonia che forma una narrazione virtuosa e onirica, sfodera tesori di ingegnosità materiale, risorse fisiche vicine al sublime.
Il volatile, simbolo di credenze e superstizioni, un corvo bianconero chiamato Gus accompagna Camille Decourtye e Blaï Mateu Trias nello loro fuga verso questo mondo fantastico. Libero in scena, l’uccello nerobianco porta i due umani ai margini di un mondo verbale, laddove tutto diviene leggero e istintivo. Attraverso movimenti e gesti, il duo scivolerà poco a poco in un disegno, in una linea di fuga naturale.

FALAISE

Spettacolo in bianco e nero per otto umani, un cavallo e dei piccioni.
Seconda parte del dittico, dopo , Falaise non ne è veramente il seguito. Ma piuttosto il contrario. Il suo vero luogo.

Il gioco tra bianco e nero deve dare l’impressione delle sottili oscillazioni tra equilibrio e disequilibrio, la scelta del bianco e nero significa cercare la purezza ma anche il contagio reciproco di questi due colori, rendere palpabile l’impasse di un certo manicheismo, tutto è legato, tutto è collegato, tutto si muove tutto si trasforma.   Falaise integra questa materia all’interno di un gruppo composto da umani e animali in una scenografia peculiare. Umani e animali continueranno a lavorare insieme a questi due progetti sviluppando in questo modo la drammaturgia propria di BARO D’EVEL, in cui una scrittura rigorosa si accompagna alla spontaneità che la presenza dell’animale impone agli attori. Pertanto, ogni disciplina affrontata, ogni individuo scelto (umano o animale) vede nascere una costruzione drammatica saggiamente equilibrata tra una parte definita e una di improvvisazione.